Non sappiamo bene come affrontare il discorso “Fede Damiani” perché si potrebbe partire da tanti punti diversi e da un po’ di cose che gli sono capitate nel 2021. Quindi proviamo a fargli qualche domanda senza grossi giri di parole introduttivi.

Com’è andato questo primo anno di Enough?
In che senso primo anno?
Eh, sì. Non sapremmo come altro chiederti questa cosa… è passato un anno dall’inizio di Enough.
Ah, io credevo ne fossero già passati almeno quattro. O meglio, in un anno penso di essere invecchiato di quattro, tipo i gatti o i cani, con tutto quello che abbiamo fatto e con quello che mi hanno dato da fare questi otto – me incluso – personaggi vestiti di viola.
La verità è che ho dormito poco e ho sognato molto. Far partire questo progetto insieme a Mattia e Jacopo non è stato semplice, né scontato. Spero che da fuori si veda tutto l’entusiasmo e la parte divertente, ma c’è stato un grande lavoro alle spalle. Lo facciamo con il sorriso e penso che siamo dei privilegiati ad aver trovato qualcosa a cui dedicarci anima e corpo: quando fai una cosa da cui non riesci a staccarti anche se significa lavorare fino alle due di mattina sei nel posto giusto.
Detto questo, i capelli sulle tempie sono sempre meno e i capelli bianchi sempre di più… se qualcuno ha una soluzione, mi faccia sapere!
Quali sono stati i momenti chiave?
La partenza, sicuro. E’ venuto tutto naturale, senza forzature da parte di nessuno e non era per nulla scontato: ognuno di noi fa quello che fa perché si sente di farlo, non perché qualcuno glielo chiede o lo obbliga. Enough è solo un contenitore, quello che contiene è la cosa più preziosa di questo progetto. E in un mondo in cui si parla di contenuti e storie anche a costo di doverseli inventare, i membri di Enough sono il “contenuto” più importante. Ognuno ha la sua storia da raccontare e il suo percorso, nessuno è forzato a fare nulla. Raccontiamo quello che succede ed è già abbastanza. Di questo non posso che essere immensamente grato.
Altri momenti più personali che ti hanno segnato?
Sì, in effetti quella di prima è una risposta che riguarda poco me e le esperienze che ho fatto. Se penso a quelle, la prima cosa che mi viene in mente è che ognuna ha avuto un suo ruolo fondamentale, dalle più grandi alle più piccole: sono tutti gradini di una scala. Alcuni più alti, altri quasi impercettibili. Però hanno tutti senso nel momento in cui, uno dopo l’altro, ti portano a crescere e a imparare di più di te stesso, a conoscere il mondo, a incontrare persone che ti cambiano. Per me le esperienze in bici sono questo: gradini di una scala. Spoiler: la scala non finisce mai. E se a un certo punto ti sembra di essere arrivato a un pianerottolo devi iniziare a farti delle domande.
Se penso al mio anno, indubbiamente la North Cape 4000 è stata fondamentale. Era un periodo un po’ così e dodici giorni da solo a scavarmi dentro mi hanno aiutato a capire un bel po’ di cose e a prendere delle decisioni.
Ci metto anche Badlands, esperienza completamente diversa. In quel caso mi sono portato a casa la bellezza di condividere la fatica e di avere la fiducia di una persona che ha voglia di imparare e mettersi alla prova. Mi sono portato a casa anche la difficoltà nel capire che un certo limite non puoi né spostarlo né superarlo, semplicemente ogni tanto devi dire “enough” e non c’è niente di male nel farlo. Di tutto questo devo ringraziare Asja che ha condiviso con me un’esperienza così forte.

E cosa ci dici di questo 2022?
Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. è una canzone di Caparezza ma è una grande verità, anche fuori dal contesto artistico e musicale. Il 2022 lo vivo così: sicuramente con un grande senso di responsabilità.
Fortunatamente le cose stanno funzionando abbastanza bene e possiamo fare qualche passettino in più, per esempio viaggiando e andando in altri Continenti. Quello che è fondamentale è mantenere l’entusiasmo e la naturalezza con cui sono successe le cose quest’anno, senza forzature, senza prendersi troppo sul serio e soprattutto continuando a fare quello che ci piace e come ci piace.
Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli del privilegio e della responsabilità che abbiamo. Il messaggio di Enough (a bike is enough to be happy) deve rimanere lo stesso e io ci credo davvero, in questo messaggio. è fondamentale che non cambi, qualunque cosa succeda.
Dove ti troveremo quest’anno, quindi?
A letto probabilmente, che devo recuperare un po’ di sonno. No, non è vero. Dove sarò quest’anno per il momento me lo tengo per me. Per ora spero che mi troviate in bicicletta il più possibile. Quest’inverno per una serie di problemi ho pedalato pochissimo e ho veramente capito che senza bici inizio subito a non stare bene, a lavorare male, a sentirmi scarico. Per questo spero di riuscire a pedalare tanto: perché mi dà equilibrio e mi rende felice. A bike is enough to be happy, io ci credo davvero, forse ancora di più dopo gli ultimi mesi che ho passato!