
A quel discorso che vediamo la bicicletta come un modo per essere felici e crescere, noi, ci crediamo davvero. Per questo motivo pensiamo che molte volte basti pedalare per essere felici, ma che altrettanto spesso intorno alla bicicletta possano nascere occasioni per imparare, migliorarsi e sperimentare nuove strade.
Il collettivo, ad esempio, poteva nascere senza fare troppa attenzione all’identità grafica. Ma perché non usare questa occasione per inventarci qualcosa e vedere cosa avremmo combinato? Anche perché kalòs kai agathòs , sostenevano i filosofi greci: ciò che è bello è anche buono. Varrebbe dunque la pena provarci, pur consapevoli chela sostanza è ben più importante della forma.

Le prime idee su carta. Direttamente dal quaderno di Vania
Eccoci quindi a riavvolgere il nastro a qualche mese fa e a quelle sere in cui risultava sempre più evidente che quando si tratta di girare i pedali una o due cose possiamo dirle, ma quando si parla di grafica è il caso di farsi dare una mano. Introducing Vania. Ma andiamo con ordine, senza però dilungarci troppo. Promesso.
Per qualche motivo si comincia un lungo viaggio esplorativo (per diverse ragioni ora non utili) all’interno del magico mondo degli anni ‘80 tra grafiche matte e colori piuttosto azzardati. Idea che presto viene abbandonata perché sembra proprio che quest’anno ci siano quei 500-600 team al mondo che andranno in questa direzione.
Come gli scatti fatti a inizio corsa rimangono nelle gambe, così in qualche modo i colori di quel tramonto di cui nessuno sa bene chi sia l’autore ci rimangono in testa e rimarranno lì a farci compagnia, anche se la direzione che prendiamo è completamente diversa.

Ma che direzione prendiamo? Giriamo un po’ in tondo fino a quando per una serie di ragioni atterriamo sulla scuola Bauhaus. Le ragioni sono diverse. Il design si basa sul ritorno alle forme elementari e semplici, proprio come vuole essere il nostro approccio alla bicicletta: senza inutili complicazioni ed elaborazioni. Ma anche il fatto che per la scuola Bauhaustutte le forme dell’arte non solo abbiano una dignità propria,ma vengano valorizzate quando messe in relazione con le altre. Architettura e design, scultura e pittura, grafica e tessitura. Ricorda qualcosa? Tipo quella storia che dividere tra discipline ciclistiche non ha alcun senso, ma anzi si sta bene proprio quando si fanno esperienze diverse?
Ecco, quando abbiamo capito che con questi concetti ci sentivamo piuttosto a casa non abbiamo più fatto molto. Abbiamo lasciato che Vania facesse il suo mentre noi provavamo a fare il nostro. Ovvero pedalare e assicurarci che non le mancassero generi di conforto e bevande necessarie per alimentare la sua creatività.
Il risultato è un pattern di forme semplici ed elementari che vedete qui e che abbiamo declinato su tutto ciò che potevamo customizzare del nostro kit. Per ora vi beccate il pattern, molto presto lo vedrete applicato su tutto quello che ci accompagnerà per quest’anno . E sarà more than enough, credeteci.

Ah, poi c’è il logo. Sì è vero, lo abbiamo condiviso un po’ troppo all’inizio. Perdonateci, ci siamo fatti prendere la mano. Comunque per quello c’è da ringraziare Matteo. Volevamo una cosa semplice senza troppi fronzoli ma con qualche elemento distintivo. Ed eccolo lì: scritta enough con suo bel puntone arancione. Come a dire: basta così. Punto. Ma anche perché dopo un punto si va a capo per iniziare un nuovo capitolo. C’è sempre modo di farlo, in qualunque occasione. Dopotutto, qualunque cosa nasce da un punto: parola di Wassily Kandisky.